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ROBERTO CRISPOLTI. FREUD E IL MONDO CHE CAMBIA. PSICOANALISI DEL PRESENTE E DEI SUOI GUAI, DI S. BOLOGNINI E L. NICOLI

Stefano Bolognini e Luca Nicoli, Freud e il mondo che cambia. Psicoanalisi del presente e dei suoi guai, Enrico Damiani, Brescia, 2022, pp. 286, € 18,00

La psicoanalisi ha compiuto centoventi anni. Per certi versi è molto cambiata, per altri conserva stretti legami con le sue origini. Qual è la sua eredità più preziosa?
È con questa domanda che si apre il libro, un dialogo a due per pensare a come è cambiata la psicoanalisi, come si è evoluta in accordo con la società contemporanea e a quali sono i suoi capisaldi senza tempo. Stefano Bolognini è stato presidente della SPI e dell’IPA e con la sua esperienza e saggezza offre una visione ampia e di respiro internazionale.
Nel testo mantiene il suo profilo istituzionale, ma condivide, come un padre o un nonno psicoanalitico, le sue idee con generosità e umanità. Luca Nicoli, membro ordinario della SPI, pone sia domande tecniche che domande apparentemente ingenue. Lo fa in modo provocatorio quanto basta per stuzzicare il pensiero e stimolare una conversazione originale.
Gli autori trasmettono l’immagine di una psicoanalisi consapevole del proprio valore e della propria storia, ma che conserva dubbi e aperture al nuovo. Non è uno scritto teorico formale, ma è più una discussione, uno scambio di pensieri tra due conoscitori della psicoanalisi, rappresentanti di generazioni differenti. La società, le persone e le relazioni umane sono cambiate: «Siamo nella civiltà del prosecco» (111), dell’aperitivo e dei rapporti mobili. Ci sono più contatti, meno vincoli, meno matrimoni e una paura profonda a legarsi di più. Rispetto al passato molte più coppie si separano, tante madri lavorano e dopo la gravidanza ritornano presto alla loro attività. Le nuove famiglie sono spesso lontane dai nuclei d’origine, più libere da certi vincoli, ma più sole.
Anche le baby-sitter spesso ruotano e cambiano. Vi è una iperstimolazione e accelerazione della sensorialità. Prima la televisione e ora lo smartphone e il tablet fungono da madri, tate e da sostituti d’oggetto, sempre disponibili, ma virtuali. Veicolano l’Illusione di una presenza di qualcosa o di qualcuno nello schermo. Assistiamo a un sovrainvestimento narcisistico su sé stessi in una dialettica di presenza/assenza dell’altro. «Mai soli. Mai senza. Mai noi» (82). Il rapporto di stabilità con gli oggetti primari sembra più incerto, e quando la fusionalità viene interrotta troppo presto, si rischia di spostare il baricentro dell’investimento dall’oggetto verso di Sé, di mantenere un assetto narcisistico e un controllo su sé stessi.
Se in passato le sofferenze erano causate principalmente dall’inibizione sessuale e da un Super-io troppo severo, ora è preminente la difficoltà di rapportarsi con un elevato Ideale dell’Io che comporta l’obbligo alla performance e l’esposizione ai conseguenti sentimenti di inadeguatezza. La colpa è stata sostituita dalla vergogna. Abbondano i rifugi della mente e gli assetti narcisistici, perché la relazione con l’oggetto, se riconosciuto nella sua separatezza e diversità, richiede fatica e causa frustrazioni. L’identità può assumere carattere di virtuale onnipotenza. Il corpo è un dato di realtà di cui sembra quasi si possa fare a meno con lo sviluppo delle identità online, oppure viene trattato come oggetto estetico modificabile. L’investimento narcisistico sul corpo e il ritiro libidico su di sé vanno a discapito della relazione oggettuale. I sentimenti depressivi sono tenuti fuori dalla coscienza, si corre lontani dal dolore. A partire da questo quadro tracciato, la psicoanalisi con i suoi tempi lunghi, una relazione stabile e le più sedute settimanali parrebbe anacronistica.
In realtà, dal libro emerge tutt’altra immagine. La psicoanalisi dopo più di un secolo è consapevole della propria forza, delle proprie potenzialità, ma anche dei propri limiti. L’analista ha raggiunto nel tempo una posizione diversa, estendendosi da specchio opaco a presenza più reale e viva all’interno della stanza. Il terapeuta mantiene una posizione asimmetrica nella relazione, ma non è su un piedistallo, è anche lui un soggetto con un funzionamento psichico che ha caratteristiche comuni universali, che costruisce la sua formazione non solo su studio e teoria, ma soprattutto a partire dalla propria esperienza d’analisi, dalla propria sofferenza, dal proprio percorso e dalla conoscenza del funzionamento mentale personale. Nella stanza d’analisi ci sono due persone che collaborano e «che stanno nella stessa barca e condividono le medesime difficoltà» (24).
Lo psicoanalista viene paragonato a una «guida alpina» (23) esperta che ha già sperimentato su di sé molti passaggi impervi del percorso. Tramite il tono della voce, le sue parole, i suoi silenzi compie l’equivalente di azioni in termini relazionali. Non è importante solo cosa si dice, ma come la si dice.
Il concetto di neutralità si arricchisce di complessità. Bisogna saper sintonizzarsi con il paziente, la giusta distanza va continuamente cercata e dosata.
Nel nostro presente, l’analisi, in cui la convivenza e l’interdipendenza sono necessari, spaventa, eppure per cambiare in profondità ci vogliono tempo e lavoro condiviso. Per lo sviluppo del bambino la fusionalità non è confusione ma qualcosa di necessario. Per crescere e per sviluppare il pensiero bisogna essere almeno in due, e sperimentare di essere in due diventa una palestra di convivenza. Migliorare la relazione con sé stessi e con gli altri sono aspetti congiunti. Con l’aiuto di un’altra mente si può trasformare qualcosa di enorme, mostruoso e immobilizzante in qualcosa di più piccolo, più comprensibile e quindi meno pericoloso.
I temi trattati nel libro non si esauriscono in questi sopra riportati, ma ne vengono affrontati tanti altri interessanti di cui sarebbe difficile parlare in questa sede e nel procedere della lettura si avanza da un argomento a un altro con naturalezza e continuità.
Si discute della cura psicoanalitica, delle angosce di separazione, di come si conclude un’analisi e di quale debba essere il grado di coinvolgimento emotivo dell’analista, perché la sofferenza psichica del paziente può nuocere anche al terapeuta. È necessario sentire con il paziente senza perdere la possibilità di pensare sul paziente.
Inoltre si parla di com’è lavorare e vivere di psicoanalisi oggi, della complessità della sua diffusione, dell’apertura all’online e della specificità rispetto,ad altre psicoterapie. Si amplia il discorso sulle tante psicoanalisi, sui modelli teorici di riferimento, sugli sforzi per la formazione psicoanalitica e viene dato risalto al gruppo formativo, il cosiddetto «quarto pilastro» (235).
Dalla sua esperienza come presidente dell’Associazione Internazionale, Bolognini ci racconta qualcosa sulla diffusione della psicoanalisi in paesi stranieri, anche in quelli con regimi autoritari, dove il passato storico di un popolo plasma il modo di lavorare e di intendere la cura.
Si discute del rapporto tra Stato e salute mentale, si pongono «domande ruvide» (239) come sull’omosessualità all’interno della Società Psicoanalitica Italiana e sulle frustrazioni inevitabili della vita, come l’invecchiamento, anche per l’analista.
Il libro si conclude con la condivisione delle sensazioni di disagio e d’inquietudine sul futuro per i movimenti sismici dell’equilibrio tra le potenze internazionali. Si parla della crescita della popolazione mondiale e di contro dello sbilanciamento nello sviluppo e nella distribuzione delle risorse. La questione ambientale non è più rimandabile e ciò comporta una riflessione sulla sostenibilità nel mondo.
L’ultima parola è sulla sostenibilità anche della psicoanalisi, cosa può realmente fare, quali sono i limiti e cosa deve fare verso un ridimensionamento dell’onnipotenza. In definitiva, è un libro che spazia su tanti argomenti della contemporaneità e dal quale credo che la parola “convivenza” si evidenzi come minimo comune multiplo. In questo mondo individualista, globalizzato e con interazioni costanti e immediate, il paradosso è la convivenza, la possibilità di stare insieme per poter crescere e arricchirsi, senza fuggire dal rapporto.
Si tratta di convivere con gli altri, con l’analista, con il paziente, con altri orientamenti psicoanalitici e psicoterapeutici diversi, con i colleghi, anche di altre nazioni, ma soprattutto convivere con sé stessi.
Da questa “convivenza” creativa dei due autori nasce un dialogo interessante, non in “psicanalese” ma non banale, per un pubblico di “addetti ai lavori”, ma anche per tutti i curiosi dell’attualità e della psicoanalisi. Una conversazione sui tempi che cambiano con una sbirciatina anche a scenari futuri.

Roberto Crispolti

Tratto dal n. 1/2023 della Rivista Psicoterapia Psicoanalitica su autorizzazione dell'Editore Franco Angeli

Franco Angeli Editore: Recensioni Fascicolo 1/2023

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