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ADELE MAUGERI. EDITORIALE DI PSICOTERAPIA PSICOANALITICA N. 2/2024

AVIDITÁ

 

Adele Maugeri. Editoriale di Psicoterapia Psicoanalitica n. 2/2024 - "Avidità"

ADELE MAUGERI*

Dopo le esperienze catastrofiche relative alla pandemia, con i cambiamenti che si sono imposti e che hanno travolto gli individui e i gruppi sociali nel mondo, si sono prodotti fenomeni che hanno messo in discussione l'equilibrio, la stabilità e il senso di continuità delle re- lazioni sociali e degli stati psichici degli individui. La psicoanalisi non può non interrogarsi per cercare di dare un significato agli attuali comportamenti, tendenti a forme di distruttività di cui siamo testimoni e che possiamo riconoscere nelle sofferenze individuali e gruppali, fino alle guerre che da più parti minacciano le società.

In questo lavoro di ricerca che ci siamo dati, cerchiamo di riconoscere alcuni elementi in divenire, che possiamo individuare come pro- dromi di un cambiamento che si presenta e che si è sviluppato in un tempo lungo, che ha radici lontane e profonde, non riferibili all'evento drammatico della pandemia in modo specifico. Elementi che riguardano ambiti sociologici, culturali, economici, ma anche intrapsichici. Il tema “Avidità”, che come redazione proponiamo di indagare in questo numero della rivista, rinvia a un desiderio sentito come un bi- sogno intenso, smodato e insaziabile, che oggi si esprime in diverse aree e con diverse modalità, come una forma di avidità di guadagno, di potere, di cibo, di gloria, di conoscenza, di successo, di sesso, di dipendenza da sostanze e non, nella compulsione al consumo smodato, fino all'appropriazione e all'impossessamento di cose e/o persone. Forme ed espressioni dell'essere nel mondo, e nelle relazioni tra le diverse parti di Sé in termini intrapsichici, tra gli individui, tra i gruppi di cui il soggetto fa parte e dai quali dipende.

Modalità che possiamo riconoscere come forme per fuggire dall'ansia, dalla sofferenza, da se stessi, come movimenti psichici e disagi, che spesso incontriamo nei pazienti attuali.

Un tema che richiama al vuoto, ad una mancanza incolmabile che si autoalimenta incessantemente. Un modo orale di approcciarsi all'oggetto, che trova le sue origini già nella relazione più primitiva e originaria con la spinta verso il mantenimento dell'indifferenziato prima, e/o dell'appropriazione dell'oggetto successivamente, sostenendo il tentativo onnipotente di poterlo controllare e dominare. Funzionamenti mentali, riconoscibili anche nelle dinamiche gruppali interne e tra i diversi gruppi sociali e culturali.

Nel rapporto analitico riconosciamo l'avidità nelle sue espressioni di pretese ininterrotte dei pazienti, che mettono alla prova, forzano il limite del setting, con l'analista impegnato nello sforzo di difendere questo spazio fronteggiando le continue richieste. L'analista in questo ingaggio e tensione può sentire che il contenitore analitico non basta mai, che può essere continuamente depredato, reso manchevole e per questo non adeguato. Ci troviamo di fronte ad espressioni attraverso cui il paziente conduce un attacco al legame della relazione analitica per renderla inefficace, così le eccessive e incessanti richieste che si presentano per fuggire il senso di vuoto portano alla conseguenza di alimentarlo.

Quando il bambino, nelle fasi iniziali della vita, ha bisogno di essere sostenuto materialmente e psicologicamente, non è ancora in grado di distinguere quanto è materiale da quanto è psicologico e questo può accadere anche nel paziente che andiamo ad incontrare quando esprime la propria sofferenza relativa ad una carenza fisica o psichica. Una carenza che viene sentita e presentata come reale, che richiede una soluzione reale, così che spesso all'analista non resta che accogliere e quando necessario optare per procedure, azioni, che hanno il fine di evitare la frustrazione sentita come intollerabile dal paziente.

L'oggetto, che non soddisfa mai pienamente, proprio per questo può essere distrutto, fatto a pezzi e il bisogno, nella forma più severa, si esprime nel tentativo di dominio, di un possesso che svilisce l’oggetto, e quando questo si riferisce ad un individuo lo deumanizza, lo priva di valore affettivo ed emozionale. Ma il soggetto in questa dinamica deumanizza anche se stesso per non sentire i sentimenti di colpa, le emozioni, la percezione della mancanza, della delusione, il senso di perdita. Egli tenta così di rafforzare il proprio senso di onni- potenza celando, anche a se stesso, la propria fragilità e debolezza, permanendo in uno stato di sofferenza. Si crea così una mancanza in- tollerabile che non permette di colmare quell'intervallo tra il bisogno e la sua soddisfazione e che non consente l'instaurarsi e la coesistenza del principio di realtà con il principio del piacere.

Condizioni che si innescano quando qualcosa non consente di tro- vare nella relazione precoce madre-bambino quella sintonizzazione che permetta l'attraversamento da una prima esperienza di fusionalità ad una defusione, differenziazione reciproca e un graduale incontro tra loro, avendo potuto godere sufficientemente a lungo di un'intesa, gra- zie alla rêverie della madre, con momenti di at-one-ment, di cui parla Bion, in un riconoscimento reciproco.

L'avidità può esprimere una deriva in cui l'individuo si pone, nella relazione con l'oggetto umano o inanimato, non tollerando la minima frustrazione, in una dipendenza assoluta che tenta di controllare incessantemente. Un oggetto altro da Sé che è sentito in modo ambivalente, come totalmente buono o totalmente cattivo e di cui non si può fare a meno. Uno stato che, secondo il pensiero kleiniano, è connesso all'invidia e alla gelosia, sentimenti che vanno ad incrementare gli impulsi distruttivi verso l'oggetto o la competizione con un terzo per appropriarsi dei suoi contenuti.

In termini più ampi, quando agisce sul piano sociale, culturale, politico o economico, ciò crea sottomissione e sopraffazione del più debole. Movimenti che possono condurre a distruggere i soggetti come fossero “cose”, minando e non consentendo la loro sopravvivenza.

Un argomento che richiama temi drammatici di attualità come quelli del femminicidio, della violenza di genere, del rapporto con il denaro, del gioco d'azzardo, dei gravi disturbi del comportamento alimentare e del consumismo sfrenato. Modi essere in cui i soggetti sono sempre più mossi dall'impulsività, piuttosto che da desideri, emozioni e sentimenti.

Ulteriormente, su questo tessuto, le esperienze degli incontri virtuali, imposti massivamente per la sopravvivenza durante la pandemia, e resi necessari al posto dell'incontro in presenza, rafforzano ancora l'evitamento dell'incontro con il reale e con i sentimenti che questo suscita, come dell'accettazione dei limiti spazio temporali. Un'esperienza in cui i mezzi online ci hanno consentito di essere in più luoghi nello stesso tempo e impegnati su diversi fronti, in modo illusoria- mente infinito.

Modalità di espressione e di esperienze che riconducono al narcisismo primario, all'impossibilità di gestione del conflitto, all'intolleranza della frustrazione e della separazione, che possiamo cogliere nell'angolo cieco del setting quando ci apre ad una proposta relazionale con dinamiche voraci e voracizzanti, anche espresse nella complessa dinamica del pagamento – non pagamento delle sedute saltate, che si introduce con il pagamento attraverso mezzi virtuali, elementi su cui c'è bisogno di riflettere rispetto a cosa e come cambiano la dinamica della relazione analitica.

A partire dalla curiosità, secondo Bion, penso che anche l'analista può andare verso qualcosa che porta a depredare l'altro, invadere, svelare in modo non rispettoso, per arrivare all'avidità di un sapere che vuole affermare il potere della conoscenza intellettuale a scapito di quella esperienziale ed emozionale, fondamentale per consentire al paziente di essere soggetto di Sé, per venire ad essere Sé in una relazione di reciprocità con l'altro, con i propri tempi.

Tematiche che possono riguardare i curanti, sia come individui che come gruppi sociali, culturali e scientifici di appartenenza, quando vogliono imporsi per affermare un presunto sapere che può essere imitativo, privo dell'apprendere dall'esperienza, al posto del riconosci- mento dei limiti e del bisogno, come del desiderio e di continuare ad indagare per elaborare qualcosa che deve ancora essere pensato, tollerando di dover sostare nell'insaturo finché qualcosa di nuovo prima o poi possa evolvere per essere riconosciuto ed accolto.

Modalità di essere che possiamo riconoscere come presenti nella contemporaneità, che richiedono un vertice di osservazione che con- senta di cogliere il mondo interno del singolo individuo, ma anche la sua relazione con l'altro, la relazione gruppo ↔ individuo e le modalità di funzionamento dei gruppi sociali di appartenenza.

In termini politici ampi vediamo come anche nelle guerre in corso oggi nel mondo ci sia l'impossibilità di accedere alla gestione dei conflitti, non favorendo mediazioni, agendo in modo predatorio e drammaticamente distruttivo. Emergono lotte per i territori, guerre di religione e tra culture diverse, con conseguenze drammaticamente distruttive. Ormai nei conflitti in corso non si contano più i morti e il distanziamento affettivo-emozionale va pericolosamente verso l'indifferenza anche di chi assiste impotente dall'esterno.

Come psicoanalisti ci dobbiamo allora permettere di continuare a pensare, a mettere in comune, a dialogare rendendo pubblico un pensiero che non si distacchi dall'emozione che lo sottende e lo determina, sostenendo un movimento vitale che si esprima sia nelle relazioni duali che nel riconoscersi parte di un sistema sociale e politico complesso, in cui ognuno ha una sua parte.

Il numero si apre con la Sezione Lector in fabula in cui Jean-Yves Tamet con “Un uomo dai desideri smodati” ci offre lo studio e le ri- flessioni riguardanti Aby Warburg, una figura affascinante che ha rivoluzionato la storia critica dell'arte, inventore dell'iconologia, catalogò icone di diverse culture, sviluppò ampiamente i suoi studi, an- dando alla ricerca di un sistema dei saperi comuni nei diversi gruppi sociali e delle loro invarianze. Gli studi di Warburg hanno coperto un ampio repertorio di conoscenze, in particolare dell'icona come fosse l'engramma di una traccia mnestica della cultura visiva degli uomini. Tamet ci dice di come gli studi di Warburg lo portarono a collezionare un numero esorbitante di libri riguardanti il sapere arcaico umano, come guidato da una bramosia di impossessamento, avida e incessante nella sua ricerca. Esperienze che gli costarono nel tempo l'attraversa- mento di grandi sofferenze mentali. L'autore nel suo articolo mette inoltre in evidenza le assonanze e similitudini tra il lavoro di Freud e quello di Warburg, tra le immagini che si creano nella mente dello psicoanalista ascoltando il paziente e il “polisemico lavoro di Warburg”.

Tra i Saggi, Maria Antonietta Fenu con “Avidità e cupio dissovi nelle varianti psicopatologiche della Anoressia”, ci offre un pensiero fluido e coerente tra aspetti della teoria, della letteratura e della clinica, proposti in un sistema di pensiero che approfondisce il tema dell'“Avidità”. Nel presentare il materiale clinico di una paziente, l'autrice mette in relazione e contrapposizione manifestazioni di avidità a fianco di una vita caratterizzata da astinenza e restrizioni. A partire dai riferimenti teorici specifici, sviluppa le diverse diagnosi delle forme psicopatologiche dell'anoressia e in particolare dell'Anoressia Subliminale. Fenu sottolinea come la percezione venga sovrastata dall'angoscia, dalla rabbia e dall'avidità nel fronteggiare i bisogni primari, arrivando ad attaccare e danneggiare la fonte della loro sopravvivenza. Un'avidità che perdura oltre la sazietà, oltre l'appagamento del bisogno e che divora chi ne soffre.

Gaetana Filippi con “Riflessioni sul termine beatitudine in Grotstein e in Bion”, ci presenta una lettura raffinata dell'arte e dei senti- menti, descrivendo in modo mirabile l'esperienza della beatitudine. Mostra come, quando ci sono difficoltà in questa esperienza, si possa sviluppare un assetto difensivo e avido che rende incapaci di sentire il bello. Filippi, a partire dalla descrizione puntuale di un dipinto di Piero Di Cosimo, comunica quanto accade quando la relazione primaria è fortemente carente. Amplia il tema facendo un richiamo alla Grammatica Generativa Trasformazionale di Chomsky che rende conto delle innate capacità alfa di comunicazione. Con l'appoggio all'arte e ai miti ci introduce con delicatezza e gradualità a quando si viene a creare uno spazio -K, troppo pieno di non-cose sature, di elementi beta, come nel toccante caso clinico presentato in toni molto evocativi. Filippi ci mostra come l'arte dia la possibilità di cogliere elementi protomentali anche quando portano allo sviluppo di un'avidità che, grazie allo spazio insaturo e accogliente della relazione analitica, può concedersi di arri- vare ad avvicinare una bellezza da poter condividere nella relazione con l'analista quando questo si trova e si “presta” nella modalità del non sapere.

Adelina Maugeri con “Trasformazioni di vita – Trasformazioni di morte”, indaga il tema dell'“Avidità” visto nella sua dinamica intra- psichica, seguendo la funzione della relazione contenitore ↔ contenuto e quella dell'attacco al legame, secondo il pensiero di Bion. Movimenti che riguardano aspetti della relazione tra le diverse parti dell'esperienza intrapsichica dell'individuo, come della relazione con l'altro da Sé e della relazione mente-corpo, particolarmente quando si esprimono secondo modalità avide e potenzialmente distruttive della relazione. Riflessioni che nello scritto prendono forma con una esemplificazione clinica vissuta molto intensamente da entrambe le componenti la coppia analitica e in cui l'attacco al legame, come la funzione elaborativa contenitore↔contenuto includevano una complessa relazione mente-corpo.

Nella Sezione riservata all'Intervista, “La Redazione dialoga con Sarantis Thanopulos” per indagare e approfondire il tema “Avidità”, per riflettere insieme sui significati in termini psicoanalitici, sociali e culturali in cui questa si esprime sia su un piano intrapsichico che intersoggettivo. Un dialogo che offre molti spazi di riflessione psicoanalitica, in una visuale che intende cogliere i temi emergenti nel- l'epoca attuale, dentro e fuori della stanza d'analisi. Un modo per riconoscere l'avidità quando si presenta nelle sue forme psicopatologi- che dell'individuo, nei comportamenti sociali, nello spazio della cultura, nella politica dominante, ma anche negli spazi in cui l'individuo vive i propri affetti, relazioni ed esperienze. Un dialogo che si presenta come una riflessione, una messa in relazione e uno stimolo per continuare a pensare.

Lo Scorcio di Gianluca Biggio, con “Avidità e marketing. Compulsione sociale e individuale” ci parla di un interessante sviluppo del tema “Avidità” sia da un punto di vista teorico, clinico, sociale e individuale, che nella sua relazione con la compulsività tipica del marketing. Un tema che trova poi espressione in un caso clinico con una fragilità avida che si esprime nelle relazioni sociali e sessuali, come nelle sedute analitiche che svuota, trasformandole in un seno che “non si riempie”. Una frustrazione che porta la paziente a reagire attaccando il seno, fantasticando di distruggerlo e dichiarando più volte durante il percorso clinico di voler terminare l'analisi. L'analista che la contiene, definendo questa intenzione come una interruzione e non un termine, le mostra il suo tentativo di distruggere ciò che la nutre, permettendole così di continuare il suo percorso clinico.

In Intersezioni Vitantonio Gioia con “Avidità e capitalismo: storia di un problema” ci fa ripercorrere il tema dell'“Avidità” attraverso un'analisi storica di due secoli del capitalismo visto dal versante eco- nomico, sociale e politico. Un excursus lineare fino allo stato attuale del fenomeno. Un contributo molto interessante e ricco di contenuti e riferimenti che ben si accompagna alle riflessioni sul piano filosofico e psicologico che hanno contribuito agli sviluppi attuali del tema su come l'“Avidità” sia stata una “forza motrice” nella genesi e sviluppo del capitalismo, forgiando il carattere degli individui. Un'avidità alimentata deliberatamente per il profitto di pochi e aumentando la di- pendenza dei più. Uno studio che mette a confronto le analisi di Marx, Weber, Durkheim, Fromm e altri.

Per le Recensioni abbiamo la presentazione dei seguenti interessanti libri:

  • Alfredo Lombardozzi “Forme del narcisismo” di Giulia Oliveti
  • Paolo Fabozzi “Dispiegando margini. Nei dintorni di D. W. Winnicott. E oltre” di Tecla Cappellucci
  • Gianluca Biggio “Il gabbio. Storie di umanità reclusa” di Anna Carla Aufiero

Con l'augurio di aver offerto uno stimolo per il desiderio di continuare la ricerca e l'approfondimento di questo importante tema, auguro buona lettura.

 

* Socio ordinario SIPP con FT, Direttore di Psicoterapia Psicoanalitica, Via Tuscolana, 1478, 00174, Roma (RM).

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Per ulteriori informazioni o per acquistare la rivista visita il sito dell'Editore Franco Angeli cliccando qui o nel logo sottostante

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